Vigna del Pino 2006 Falanghina dei Campi Flegrei di Raffaele Moccia |Voto 88/100


Raffaele Moccia - foto A. Di Costanzo

di Angelo Di Costanzo

Uva: falanghina
Fermentazione e affinamento: acciaio e legno
Fascia di prezzo: dai 5 ai 10 euro

Vista: 5/5 Naso: 25/30 Palato: 25/30 Non omologazione: 33/35

Un assaggio può evocare tante belle sensazioni, soprattutto quando condiviso con una persona deliziosa come Raffaele Moccia, viticoltore in Agnano, alle porte di Napoli. Sono tornato a trovarlo, mancavo di venirci da due-tre anni, non molti – o forse troppi, chissà -, eppure il tempo qui appare immutato, lento e prezioso com’era. Com’è.


Rompiamo subito il ghiaccio: Raffaele, ci ricordi chi sei, e come nasce Agnanum? Niente di complicato: sono un vignaiolo, ma anche un allevatore, soprattutto un padre, e a meno di 50 anni, pure nonno! Vabbè… mio padre ha piantato la vigna qui su per la collina alla fine degli anni sessanta. A cinque anni la mia prima vendemmia e contemporaneamente aiutavo i miei con l’allevamento degli animali. Ne ho spalato di m…a!. Poi nel 2002 la prima imbottigliata. Agnanum è il primo nome che mi è venuto in mente.

Caspita, 2002-2011. Siamo al decennale. Cosa è cambiato?
Beh sì, abbiamo messo un po’ di cose apposto, comprato qualche piccolo tino in acciaio per serbare meglio i vini. Adesso riesco a vinificare tutte e tre le vigne separatamente. Per il resto poco o nulla. Sono e rimango un artigiano.

AGNANUM - nuovi impianti - foto di A. Di Costanzo

Ci spostiamo in campagna. Con una Smart ci arrampichiamo su per la collina. Il maltempo degli ultimi giorni ha reso praticamente impossibile girare motorizzati. Decidiamo così di proseguire a piedi, una scalata in piena regola. Adesso non si sente più nemmeno il rumore di una sola auto nonostante là sotto scivoli via un bel pezzo della tangenziale di Napoli.

In vigna, come siamo messi in vigna?
Con qualche reinnesto, tra le piante morte per qualche motivo, e quelle rimaste bruciate dagli incendi che di tanto in tanto hanno investito la zona, siamo oggi a quattro ettari pieni; il vigneto si può dire che ha una età media di quarant’anni. Più i nuovi impianti, lassù “sopra il bosco”, circa 400 nuove viti sul limitare del cratere degli Astroni.

Tornare qui è sempre bellissimo.
E’ vero. Respira, tira su, questo è ossigeno allo stato puro, ha un sapore difficile da trovare là sotto. Ho terminato di raccogliere il 2 novembre scorso. Prima la falanghina, il 30 e il 31 ottobre, poi il per ‘e palummo. Al di là di quel muro c’è il Parco degli Astroni, un posto magnifico, per niente valorizzato; un bosco naturale tra i più vecchi d’Europa. Qualcuno ancora oggi vi s’intrufola dalle mie vigne a caccia di funghi. E qualcos’altro.

Raffaè, come vedi questa situazione di mercato?
Ci difendiamo, con molte difficoltà. La doc è molto inflazionata, la stanno massacrando, ed è un peccato, per lavoro che c’è da fare è davvero un peccato. Certi vini meriterebbero ben altro. Sinceramente non riesco a capire come si faccia a proporre certi prezzi; è palese che altri non hanno speso fatica in campagna, dedicato abbastanza tempo alle proprie vigne. E’ indubbio che comprare e rivendere uva o addirittura vino bello e fatto rende economicamente molto meglio che spezzarsi le reni ogni giorno.

Spiegati meglio.
Il mio vigneto è tutto qui, su per la collina; faccio tutto a mano, piantare, curare, raccogliere; e scavare canali per l’acqua, il continuo sovescio, tutto il ciclo naturale della campagna insomma. Io dico che i costi in cantina possono più o meno essere omogenei, fatte le dovute proporzioni; in campagna però c’è da buttare il sangue, io il vino lo faccio con la mia uva, coltivata nella mia terra.

Un vignaiolo a tutto tondo.
Non potrebbe essere altrimenti. Guarda, se non fossi continuamente in campagna certe cose scapperebbero di mano; con tutta l’acqua caduta nei giorni scorsi per esempio, se non avessi scavato per tempo questi canali, sai dove avremmo rincorso questa vigna? Qui adesso mi tocca rimettere a posto, riportare le terrazze a un giusto livello. Il terreno qui è talmente povero, sciolto, che dopo certi disastri si rischia che l’acqua si porti via anche le piante.

La memoria Liquida - foto di A. Di Costanzo

Torniamo in cantina, e dopo un breve ma meditato passaggio tra le vasche, ad assaggiare “i vini nuovi”, ci accomodiamo nell’ampia sala degustazione nelle immediate adiacenze della cantina; un luogo spartano e rustico, ma accogliente, seppur in questo momento un tantino impicciato dai lavori in fermento in cantina per la vendemmia appena alle spalle. Qui Raffaele conserva almeno un centinaio di bottiglie di tutte le annate prodotte, sin dalla prima duemiladue. Apriamo un Vigna del Pino 2006, falanghina passata in legno ed affinata almeno due anni in bottiglia.

Come è andata la vendemmia 2011?
Non male; come ti ho detto ho terminato da poco, sono riuscito a rispettare i miei tempi, quella della mia vigna. Vendemmiare il 2 novembre quest’anno per molti sarebbe stato disastroso. Qui è andata così.

Poca uva o che?
Quella necessaria, la migliore possibile. Appena 20 quintali di per ‘e palummo, più o meno 50 di falanghina.

Là dentro che c’è?
Qui ci metto parte della falanghina raccolta nella vigna più bassa, quella subito a ridosso della cantina, e tutte quelle poche cassette delle uve da sempre in vigna, piantate da papà come si faceva una volta, e che tu conosci bene: la gesummina, la catalanesca e un poco di biancolella e coda di volpe. Ci faccio l’igt.

Con Gianluca Tommaselli come va?
Ho deciso per la continuità. Maurizio De Simone è stato un passaggio indispensabile per inquadrare bene il lavoro da fare, pur tra le mille difficoltà avute. Lui è un uomo di pancia, grande enologo ma prima ancora una grande persona. Gianluca è un tecnico, si muove bene, sa cosa fare, come seguirmi, e fin dove si può spingere. Poi, come è ovvio che sia, decido io.

Continua a dire la sua questo vino, ancora dopo 6 anni?
Sei tu l’esperto. Però si, sono molto felice quando li riassaggio e riesco, evocandone la travagliata genesi, ancora a sentire la mia uva. E’ una sensazione molto bella.

In effetti sì, questo Vigna del Pino 2006 conserva ancora una certa espressività. Il colore è ben definito, oro, limpido e cristallino. Il naso conduce ancora al varietale, però buccioso, polposo, cremoso quasi. Piacevoli le note di uva spina ed albicocca che si sovrappongono senza confondersi; chiude con un finale ammandorlato e di zenzero candito. In bocca è secco, gode ancora di buona freschezza nonostante l’età, ma colpisce ancor più la soave rotondità che infonde lungamente al palato, ricca e persistente; particolarmente incisivo il timbro minerale che regala un sorso vibrante e sapido. Inaspettato.

Mentre parliamo, tra un assaggio e l’altro, gli arriva una telefonata: è una promoter di un noto Magazine settimanale; lo tiene al telefono non poco, lui interloquisce con una certa disponibilità, la sua, quella di sempre; dall’altro capo del telefono – adesso in viva voce – sento proporgli un paio di uscite sulle proprie testate e in più un passaggio sull’omonimo canale tematico satellitare, alla modica cifra di 1000,00 euri + iva. Lui è sibillino, non se lo può permettere, ringrazia e rimanda alla prossima; poi mi fa un gesto come a dire “ma c’è ancora chi ci crede a ‘ste cose?” Sorridiamo…

Sede in Via Vicinale abbandonata agli Astroni ,3 Napoli. Sito www.agnanum.it. email: [email protected] Tel  e Fax  081 2303507. Ettari: 4. Consulente: Gianluca Tommaselli. Bottiglie prodotte: 12.000. vitigni: Falanghina, Piedirosso.

4 Commenti

  1. Rafè!!!!! visto che tenere duro premia, i soldi non li faremo mai…..ma che gioia sentirti orgogliosamente parlare delle vigne di tuo padre, che originano ciò che insieme abbiamo scoperto e che Gianluca continua a valorizzare al meglio. Complimenti ad Angelo che conferma l’attenzione per queste realtà estreme che presto faranno la differenza e lui è uno “SVEGLIO”

  2. provato l’anno scorso ed era già in fase discendente, seppur buono. 88 punti mi sembrano davvero un azzardo.

    1. Nulla, nei vini e nella storia di Raffaele, fanno pensare che non lo sia, un azzardo. Quello che lei definisce – giustamente -“fase discendente” non è che riferibile alla parabola naturale del vino, di questo vino. Non del valore emozionale dell’assaggio, della vivida espressione e della non omologazione. E fra l’altro la ripartizione del voto parla chiaro.

      Angelo.

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