Coronavirus, la prima data possibile per la riapertura di ristoranti e pizzerie è tra il 18 e il 25 maggio |VIDEO


Rstorante post Coronavirus

Riapertura ristoranti e pizzerie? Ieri su alcuni siti di quotidiani è circolata la sintesi di una bozza allo studio del governo.
La riportiamo con il beneficio dell’inventario perché, appunto, si tratta solo di una bozza sviluppata su modelli matematici basti sull’andamento dei contagi

Eccola

IL CALENDARIO DI RIAPERTURA ALLO STUDIO DEL GOVERNO

Il 18 aprile possibile annucio della riapertura di alcune aziende agricole e industrie (non tutte).

Il 4 maggio finisce la fase 1, sarà di nuovo permessa la circolazione dei cittadini ma con obblighi precisi, come mascherine e distanza di sicurezza. Per quel giorno prevista la riapertura di alcune attività commerciali come negozi tessili, di arredamento e d’abbigliamento con ingressi scaglionati, file lunghe e prenotazioni (no all’apertura in questa fase dei centri commerciali).

11-12 Maggio: ipotesi di riapertura tribunali e uffici professionali.

18-25 Maggio: riapertura di altre attività di ristorazione con distanze da rispettare in modo rigoroso, possibile anche la riapertura estetisti, parrucchieri e barbieri con obbligo mascherina e ingressi singoli.

31 Maggio: ripartenza campionato di calcio e altri sport collettivi.

Giugno-luglio: riapertura centri sportivi ma solo per sport individuali o lezioni con basso assembramento. È l’inizio della fase 3.

Settembre: riapertura scuole superiori con divisione turni e lezioni online, ancora da decidere materne ed elementari.

Già ma come si riaprirà?
Forse vedere questo video può essere d’aiuto

 

Insomma, sino a che non ci sarà farmaco o vaccino due sembrano le ipotesi più percorribili.
1-O si usa il prestito garantito dal governo per sopperire al mancato incasso dovuto alla chiusura sino a quando la situazione non torna normale. Vale per tutti quei locali piccoli, o che hanno troppi dipendenti per poter coprire le spese solo con l’asporto.
2-Oppure si apre promuovendo una differenziazione dell’offerta e delle attività.Sempre vedendo quello che succede in Estremo Oriente, ecco cosa sta succedendo.

E-commerce alimentare. L’aumento è stato importante, ma chi l’ha fatta da padrone sono stati i freschi, tutti, dai vegetali al pesce (vendite triplicate)  tenuto conto delle perplessità che si rilevano nei confronti del packaging (plastica in primis) dovuta alla permanenza del virus sulle superfici inerti. Valfa per tutti l’esempio di Retrobottega a Roma.

I ristoranti si sono riorganizzati, alcuni che già avevano aperto alle ghost kitchen (ristorante chiuso per pranzo e colazione ma cucina aperta per consegne a casa) e oltre ai piatti pronti, hanno proposto piatti da cucinare a casa semilavorati e con ingredienti per rifinirli. Altri si sono trasformati in gourmet store (la stessa cosa sta accadendo negli Stati Uniti), diventando così negozi da asporto.

Manodopera flessibile. In Cina, hotel, ristoranti e cinema -data la chiusura forzata – hanno condiviso i loro dipendenti con Hema (catena di proprietà di Alibaba) che aveva urgente bisogno di lavoro per i servizi di consegna. Altri player omnichannel, Ele, Meituan e 7Fresh di JD hanno seguito questo esempio prendendo in prestito manodopera dai ristoranti

Produzioni Alimentari. I produttori di cibo hanno rifocalizzato il loro business, spostando la distribuzione agli store di vicinato per il canale fisico e approfittando del momento per ampliare le strategie omnichannel che fossero b2b ed eventualmente aprendo canali b2c. Anche il marketing è cambiato con budget spostati dalle campagne offline (affissioni, cinema etc) a quello online, schiacciando l’acceleratore sul digital marketing.

In pratica più che i ristoranti è possibile parlare di apertura delle cucine. Ci dovranno essere sicuramente nuovi protocolli Hccp ed è indubbio che in questa fase saranno favoriti i locali monoprodotto come le pizzerie le quali però non potranno giocare sui grandi numeri sia per la paura dei clienti di entrare, sia per le difficoltà di spostamento delle persone. Non è difficile prevedere la rinascita della pizzeria di quartiere a gestione familiare o quella di paese riferimento per tutti.

Tutto questo, secondo me, ovviamente, sino a quando non tornerà la possibilità di una vita ante 21 febbraio grazie a vaccino o farmaco i cui tempi comunque, nella migliore delle ipotesi, non possono essere meno lunghi di un anno. Diciamo anche qualche mese se vogliamo essere ottimisti al massimo.

Questo quadro è a tinte fosche se si pensa al boom pre-coronavirus. Ma può anche diventare una opportunità per differenziare l’attività, sfruttare le nuove tecnologie, diversificare l’impegno lavorativo.

Fermo restando che quando mi sveglio spesso penso che sia stato un incubo e mi alzo con la speranza di un annuncio clamoroso che rimetta in moto la macchina.

3 Commenti

  1. Lo so che lo hubei non ha in Cina l’incidenza che la Lombardia ha sul PIL italiano ma aperture scaglionate per territorio dovrebbe essere in considerazione.aprire il 18 industrie nel bergamasco è suicidio

  2. Certo, ma per quanto riguarda ristoranti, pizzerie ed altre attività in una località turistica? IL delivery per chi lo fanno? Nelle località turistiche già non era possibile coprire i costi in inverno con gli abitanti della cittadina (spesso un paese deserto nei mesi invernali) Restii a frequentare i locali pubblici, figuriamoci il delivery! I ristoranti delle località turistiche sopravvivono grazie al lavoro di poco più di 3 mesi, con i clienti che arrivano dagli alberghi. Senza questo indotto è un suicidio.

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