Donne produttrici: il vino italiano al femminile 4 | Chiara Boschis


Chiara Boschis

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di Chiara Giorleo

Dopo una lunga serie sulle critiche di vino, il focus si sposta sulla produzione al femminile. Zone di ispirazione, stili produttivi e prospettive: ecco qual è l’approccio delle produttrici italiane.
Come membro dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino mi rivolgo alle produttrici di diverse regioni d’Italia per saperne di più.

Oggi lo chiediamo a Chiara Boschis

Nata nel 1959 Chiara si laurea in Economia e Commercio a Torino pur continuando ad affiancare la famiglia, titolare della storica cantina Borgogno di Barolo, dove matura esperienza e soprattutto passione per il mestiere di produttore vinicolo. Dopo tre anni di esperienza in una Società di Revisione Contabile torna a casa per occuparsi definitivamente di vino. Infatti, nel 1981, dopo la morte prematura di Gigi Pira e in seguito all’aiuto che la sua famiglia aveva offerto alle sorelle Pira, giunge l’opportunità di rilevare l’azienda come ringraziamento del sostegno avuto in quel momento critico. Poichè l’azienda di famiglia era stata destinata ai fratelli maschi (un tempo alle donne si riservava una dote per il matrimonio e nulla più) Chiara vede in questa acquisizione la sua opportunità così, forte dell’influenza femminista assorbita durante gli anni universitari, chiede di occuparsene lei. Con il sostegno del fratello maggiore Cesare, che garantiva la consulenza enologica essendo già enologo della cantina di famiglia e la firma dei genitori a garanzia del sostanzioso mutuo bancario, inizia la sua avventura.

Alla fine degli anni 80 entra a far parte del movimento dei cosiddetti Barolo Boys, prima donna winemaker – Barolo Girl – di un gruppo essenzialmente maschile. Ha lavorato per vent’anni molto intensamente, in vigna e in cantina, per produrre i vini che voleva con amici e colleghi affinchè fossero i migliori del mondo.

Nel 2010, in seguito alla cessione della cantina di famiglia, chiede al fratello più giovane Giorgio di raggiungerla e insieme potenziano l’azienda acquisendo terreni nel comune di Monforte d’Alba, affiancando al Barolo Cannubi un altro importante Cru della zona, il Mosconi, e un blend ottenuto da 7 vigne sparse sui comuni di Barolo, Monforte e Serralunga d’Alba per la produzione del Barolo Via Nuova, omaggio al concetto classico dell’assemblaggio tipico della zona. A completamento della gamma dei Barolo si affiancano i vini classici (Langhe Nebbiolo, Barbera Superiore d’Alba e Dolcetto d’Alba).

Fermamente convinta dell’importanza di un’agricoltura pulita, che ha sempre praticato, nel 2010 sceglie anche la certificazione ufficiale per affermare con determinazione una scelta non solo produttiva ma di vita. Inoltre, nel 2014 si fa promotrice di un progetto pilota volto sia alla transazione green che alla digitalizzazione per la Collina Cannubi riuscendo a coinvolgere la quasi totalità dei produttori di Barolo Cannubi. Grazie all’installazione di capannine meteo collegate in rete e all’acquisizione di un programma di modellizzazione matematica sono in grado di effettuare solo i trattamenti necessari con precisione chirurgica e quindi di ottenere uva di grandissima qualità.

Non è più la Barolo girl di un tempo ma è una Barolo woman affiancata, ormai, da tante fantastiche e giovani produttrici, che realizzano qui la transazione Verde e Rosa allo stesso momento.

Quando e come hai iniziato a fare vino?
Ho iniziato il mio percorso a fine anni Ottanta anche se, essendo figlia d’arte (la mia Famiglia era proprietaria della Cantina Storica Giacomo Borgogno e Figli di Barolo), sono cresciuta in un ambiente che mi ha profondamente segnata e indirizzata in modo naturale verso quello che poi è stato il mio futuro. Crescendo ho maturato un amore profondo per quello che è non solo un prodotto, “il vino”, ma la mia stessa identità umana, sociale e culturale.
Il Barolo, e i suoi fratelli, sono una ragione di vita, che passa attraverso l’imprinting materno.
Adesso capisco che non avrei potuto fare altro nella vita perchè non si sfugge alle proprie radici che sono, ovviamente, molto profonde.
Quando sono entrata a far parte del gruppo dei Barolo Boys ho voluto provare tutte le nuove teorie e sperimentare tutte le nuove idee che avevamo. Ho sperimentato tanto per attuare alcune idee innovative che da lì a pochi anni sarebbero diventate la normalità per tutti i produttori: diradamenti delle uve in vigneto così come l’utilizzo di attrezzature moderne e legni puliti. L’idea più importante poi è stata quella di vinificare in purezza i vigneti singoli più vocati per offrire una panoramica delle peculiarità del nostro territorio così ricco di sfaccettature. Anche l’impegno volto a far conoscere il Barolo (ancora sconosciuto allora) così come quello dedicato ad una svolta green sono stati importanti. Insomma, tutta la mia vita fino ad ora l’ho spesa per la vigna e per il vino più buono del mondo, il Barolo!

Quali sono i tuoi riferimenti o le tue zone di ispirazione in Italia e all’estero?
La mia generazione si è ispirata molto alla Borgogna per via di tutta una serie di “affinità elettive” che ci accomunano, oggi però la viticoltura/enologia ha debordato dai confini tradizionali nazionali ed europei invadendo mondi nuovi che sono interessantissimi. Io sono un tipo curioso e amo provare tutto quello che c’è di nuovo purché buono e non ho pregiudizi ovviamente.
Però la mia unica vera ispirazione è, senza ombra di dubbio, la mia terra con il suo glorioso e spesso tribolato passato.

Credi che lo stile produttivo possa cambiare tra uomo e donna?
Certo, la donna e l’uomo vedono le cose in modo diverso. Non è la tecnica esecutiva che cambia (se devo travasare un vino lo faccio io come un uomo), ma sono la sensibilità e il gusto che cambiano.

Qual è la tua firma stilistica?
Ecco, io amo i vini eleganti, equilibrati e con una potenza, come dire, nascosta, mai in prima linea: vieni accolto da una carezza gentile ma la potenza, la lunghezza e la complessità sono lì ad aspettarti e se analizzi il vino con attenzione trovi tutto. Questa è sempre stata la mia firma stilistica.

Quali sono le maggiori difficoltà nel fare vino in Italia oggi? E quali i vantaggi?
In Italia oggi è difficile fare qualunque cosa perché siamo vittime dell’eccesso di burocrazia che uccide le persone oneste perché i disonesti, ovviamente, se ne fregano. Però è il paese più bello del mondo e con una concentrazione di “eccellenze” senza uguali.

In che direzione sta andando il vino italiano secondo te?
Il vino italiano e l’agricoltura italiana in generale stanno andando nella direzione giusta e cioè verso la Green Economy e verso una valorizzazione delle nostre unicità territoriali. Anche grazie a movimenti come Slow Food la gente prende coscienza dell’importanza di sostenere, anche economicamente comprando certi prodotti artigianali, le nostre eccellenze.

Donne produttrici: il vino italiano al femminile 1| Manuela Piancastelli

Donne produttrici: il vino italiano al femminile 2| Donatella Cinelli Colombini

Donne produttrici: il vino italiano al femminile 3| Angela Velenosi