Fiano di Avellino 2004 docg Clelia Romano in magnum


Fiano di Avellino 2004 Colli di Lapio

Fiano di Avellino 2004 Colli di Lapio

Fiano di Lapio 2004 Colli di Lapio di Clelia Romano. Ci sono vini che ci hanno accompagnato in tutta la vita e questo bianco è sicuramente legato alle nostre bevute più belle, ai momenti più significativi, passando attraverso una serie infinita di conferme che prescinde anche dal rapporto con i produttori. Questa etichetta per il Fiano (a cui seguirono nel 1997 Villa Diamante e Marsella), Benito Ferrara per il Greco di Tufo, Caggiano e Molettieri per il Taurasi, sono stati i protagonisti di un cambiamento epocale in Irpinia, comune a gran parte del resto del Sud e dell’Italia. Fu quando i prezzi delle uve iniziarono a crollare verso la metà degli anni ’90 in un momento in cui calavano i consumi e il sistema vino non era già lanciato verso l’export come oggi. Furono anni eroici in cui i protagonisti di questo cambiamento hanno in certo qual senso rafforzato il solco della tradizione tracciato dalle aziende più grandi. Una visione buonista ex post? Mica tanto. Le aziende citate hanno mantenuto la lavorazione in acciaio per i bianchi e tutte hanno comunque tenuto la rotta verso vini sapidi, non ruffiani, di grande carattere, senza dolcezze se non quelle nobilmente concesse dalle uve. Questo conservatorismo stilistico ha consentito all’Irpinia di disegnare una propria identità specifica e irrimediabilmente chiara, senza concessioni alle mode del momento nonostante pure ci sia stata qualche eccezione. Vini che in un certo qual senso hanno iniziato ad essere capiti alla fine del decennio e soprattutto in quello successivo, quando il modello morbidoso e dolce ha stancato anche i palati più omologati.
Oggi Colli di Lapio è la punta dell’iceberg di una serie di aziende presenti in questo territorio che a noi è sempre piaciuto tanto. Il paese ha poco più di 1500 abitanti, ben lontani dai 2700 degli anni ’50 e il calo demografico continua. Costruito su una collina appollaiata lungo il corso del Calore, è a metà strada in linea d’aria fra Avellino e Benevento. La sua caratteristica è che è l’unico paese ad incrociare le docg di Fiano e di Taurasi. La cifra stilistica di questi bianchi, soprattutto della contrada Arianello, è nella ricchezza olfattiva che si ingigantisce sino a trasformare la sensione in emozione con il passare degli anni. Quanti? Tutti quelli della vita di uomo pensiamo. Frutta, note fume, confettura, agrumato, macchia mediterranea, nocciola, cenere note balsamiche fannto da contraltare ad un sorso pieno, ampio, lungo, appoggiato su una ritmica piacevolmente amarognola che allunga il sorso e lo conclude in modo preciso, lungo.

Colli di Lapio, con Carmela e Rino

Colli di Lapio, con Carmela e Rino

Torna così questo Fiano di Avellino Colli di Lapio 2004 di Clelia Romano dopo una serie di verticali in cui aveva sempre molto ben figurato. Bussa alla porta in formato magnum nell’antivigilia di Capodanno nelle mani di Carmela e il marito Rino. Una visita inaspettata, un agguato di Francesco Mondelli da sempre grande appassionato di questa cantina che ha dirottato i suoi ospiti dalla Pizzeria DaZero a casa mia a Vallo della Lucania. Ancora una volta questo Fiano è apparso sconvolgente per la sua attualità e la sua complessità. Fresco di una annata 2008 di Clelia Romano sempre in formato Magnum bevuta con amici molto competenti in una serata al Line Wine Bar di Salerno abbiamo potuto vedere ancora una volta come il tempo faccia bene a questi vini. Tra un sorso e l’altro e uno spaghetto ai funghi ordinati apprendiamo di nuove acquisizioni aziendali e la decisione, finalmente, di fare un cru che esca dopo due anni. Una mossa che ci aspettavamo da tempo da questa azienda e che la mette in condizione di restare nel gruppo di testa dopo le numerose uscite ritardate di altre cantine. Non c’è altra strada, in effetti, per trasformare una zona ad istinto vocazionale vinicolo in un territorio compiutamente vinicolo. Il trapasso generazionale, da sempre la fase più delicata per tutte le aziende familiari è ormai quasi compiuto e il timone è passato a Carmela e al fratello Federico. Ci sono i presupposti insomma per fare di Lapio un riferimento assoluto per il bianco italiano e noi speriamo di vedere realizzato questo sogno.
Chiudiamo così la nostra prima letterina nell’anno nuovo!

Fiano di Avellino 2004 Clelia Romano

Scheda del 1 settembre 2014. Cambiare tutto per non cambiare niente o non cambiare niente per cambiare tutto? Nel vino funziona sicuramente la seconda parte del gioco dialettico marxiano in cui nome e predicato si invertono. Clelia Romanoha sempre lo stesso protocollo ormai da vent’anni, lo stesso enologo, le stesse etichette. Così diventa un classico.
A dieci anni dalla vendemmia, infatti, questo bianco conferma l’assoluta perfezione stilistica a cominciare da un naso di grande fascino e decisamente mutevole perché dopo la frutta (nocipesche/pera evoluta) subentrano sentori di zafferano, salvia, menta, scorza di cedro candita, cenni sulfurei e fumé. In bocca l’attacco è ancora giocato sulla freschezza, una freschezza però composta, che fa salivare i lavti della lingua per poi coprire tutto il palato con i rimandi fruttati del naso e sensazione vaga di gesso. La chiusura è lunga dopo una beva che non lascia concessioni alla dolcezza, un finale quasi amarognolo pulito e precisa.

Durante tutto il sorso la beva è composta, compatta, lineare, il vino è in un quilibrio paradisiaco, quasi assurno tanto perfetto. Forse una delle massime espressioni di sempre che ha me a ricordato la 1999 per la cifra complessa, forse appena un filo sotto sul piano della ricchezza e della esuberanza.
Insomma, un grande annata, provata alla grande sulla cucina dei fratelli Fischetti. E se pensiamo che si tratta di frutta lavorata solo in acciaio senza alcuna preoccupazione di longevità, allora possiamo capire la assoluta superiorità di questo territorio.
Un capolavoro pagato appena 30 euro. Cioé regalato:-)

Fiano di Lapio 2004 Colli di Lapio di Clelia Romano

Scheda del 18 dicembre 2008. Per una strana combinazione, cari lettori, sinora avete appena sfiorato il 2004 solo in questo report. Noi invece lo abbiamo ritrovato di petto durante il nostro ormai consueto pranzetto prenatalizio da Rosanna Marziale godendolo a più non posso e colmando un vuoto di scheda ufficiale a ché resti traccia documentale. Non è solo per riconoscenza papillosa che citiamo il locale dove lo abbiamo bevuto: il punto è che Rosanna è stata, insieme a Mariella Caputo e Livia Iaccarino, tra le prime donne ristoratrici a frequentare un corso da sommelier e si vede nella carta dei vini no franchising, a volte basta poco e non è mai questione di soldi. Molto semplicemente il 2004 è ADESSO, presentato ai clienti, tra l’altro ad un prezzo molto abbordabile, sotto i 20 euro. Cioé, per capirci, in questo storico ristorante casertano trovate un bianco irpino di quattro anni ad un costo assolutamente accessibile, quasi senza pagare lo stoccaggio, appena sopra un bianco di annata 2007. Un esempio di come, spesso, basta un poco di attenzione in più per creare l’evento in bottiglia ed è un consiglio che sto dando a molti, soprattutto giovani, che mi scrivono per chiedermi consigli sui regali in questi giorni: comprate Fiano e Greco, rispondo. Adesso li pagate poco, fra tre o quattro anni li potrete portare in qualsiasi circostanza, un ricorrenza, una bevuta tra amici, facendo una grande figura. Neanche il valore immobiliare può avere un tasso di crescita come questi due bianchi. In effetti, cosa succede in bottiglia? Più o meno quanto avviene in un decollo aereo: nei primi mesi il bianco inizia a prendere quota sfrondando lo stress e gli aromi di fermentazione che spesso li rendono tutti uguali, proprio come bimbi appena nati difficili da distinguere se non li conosci. Poi, dopo un paio di anni il bianco raggiunge la quota di crociera e prosegue imperterrito avanti a seconda della stagione di cui è figlio. Quelli del 2003 e, presumibilmente, del 2007, saranno sempre più carichi di sentori di frutta, nel nostro caso, come nel 2002, nel 2005 e nel 2006, ha un ruolo fondamentale l’acidità. Dopo il quarto anno il Fiano in genere inizia a rivelare il suo volto femmineo, i toni dolci si accentuano sempre di più al naso, mentre in bocca la scarnificazione prosegue rivelando i cosiddetti sentori terziari. Tutto questo con la banale e semplice lavorazione in acciaio. Una grande uva, e per provarlo potete fare una cosa che io faccio sempre: berlo dopo un rosso, per quanto sia tannico e strutturato. Vedrete che dopo il primo impatto un po’ strano, la materia e l’acidità del Fiano prenderanno rapidamente il sopravvendo imponendosi. Tutti questi contorcimenti per dire una cosa molto semplice: il Fiano di Avellino è un vino che si può bere in qualsiasi circostanza e senza problemi anche molti anni dopo la vendemmia. Se poi la passione riguarda il nostro Fiano preferito, Clelia Romano, allora non c’è partita perché davvero siamo sempre ai vertici anche nel caso di annate non particolarmente fortunate per le uve bianche come in questo caso, la 2004. La capacità di Angelo Pizzi di trovare l’equilibrio con le uve dei tre vigneti aziendali, Scarpone, Stazzone e Arianello, è davvero incredibile: un’avventura iniziata nel 1994 anche se l’incontro tra Clelia e l’enologo sannita è di un paio di anni dopo. Le uve, siamo oltre i 500 metri, esprimono sempre finezza ed eleganza anche quando la componente fruttata, in genere soprattutto la pera, marca maggiormente la sua presenza. Il 2004 attualmente è in ottimo stato di conservazione, gli anni trascorsi segnano il giallo paglierino caricandolo un po’ e, come detto prima, sottolineando note dolci di frutta al naso, sempre bianca e nulla di tropicale. Forse un po’ di limone candito. In bocca la struttura è imponente, si è mangiato un Pinot Nero dell’Alto Adige del 2003, e ha sostenuto praticamente alla fine tutti i piatti di Rosanna, sempre eccezionale e in gran forma. Una certezza granitica dell’enologia campana, un connubio, quello tra la produttrice e l’enologo, che spero duri ancora tante annate capaci di rafforzare la tradizione regionale ai suoi primi timidi passi.

Sede a Lapio, contrada Arianello 47
Tel. 0825.982184, fax 0825.982184
Email: [email protected]
Enologo: Angelo Pizzi
Bottiglie prodotte: 56.000
Ettari: 5 di proprietà
Vitigni: fiano, aglianico

Fiano di Lapio 2004 Colli di Lapio di Clelia Romano

Un commento

  1. Di passaggio e ci fermammo.Fummo accolti benissimo e ci accomodammo e questo capolavoro condividemmo.Una sola parola:IMMENSO.PS.Mi scuso con gli amici di Da Zero(che so per certo che anche loro apprezzano questo Fiano)ma come facilmente si può ben intuire in questo caso si è trattato quasi di una “ragion di stato”.FM

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