Gaetano Pascale: al Salone del Gusto l’Italia che resiste


Gaetano Pascale

Rilanciamo l’intervista pubblicata sabato scorso sul Mattino al presidente di Slow Food Italia Gaetano Pascale.

Due anni fa guidò la delegazione campana. Quest’anno Gaetano Pascale, 46 anni, vivrà il Salone del Gusto in programma a Torino dal 23 al 27 ottobre da protagonista: da cinque mesi è il nuovo presidente nazionale di Slow Food Italia eletto a larga maggioranza al termine di una campagna elettorale che non aveva precedenti nell’associazione fondata da Carlo Petrini.

Quali sono i temi conduttori da seguire con attenzione?
«Il principale è quello dell’agricoltura familiare di piccola scala, particolarmente importante nell’anno in cui si celebra l’attività agricola. La famiglia costituisce il cuore di un rapporto sano con la produzione di cibo, presidio di identità. Il secondo aspetto sono i diecimila prodotti da salvare nel mondo, in Italia ne abbiamo identificati già 600».

È una nuova frontiera della battaglia del cibo?
«Lo scontro sulla produzione e la qualità di quello che mangiamo non nasce certo oggi. C’è stata un’ampia tendenza ad omologare e a industrializzare l’agricoltura e gli effetti sono stati spesso devastanti. Credo sia giusto rivendicare alla nostra associazione il merito di aver dato un valore positivo al termine biodiversità. Oggi nessuno si azzarda a criticare questo valore, compresi quelli che lo combattono nei fatti».

 L’Arca dei prodotti sostituisce i presìdi?
«Non precisamente. La stagione dei presìdi è stata ricca ed entusiasmante e ha contribuito ha difendere produzioni in via di estinzione. Oggi però sentiamo la necessità di guardare al livello nazionale con dei protocolli di produzione di alto livello che garantiscano chi produce e chi consuma. Iniziamo con l’olio, ma abbiamo in programma anche il latte e la frutta nell’immediato».

Cambierà l’organizzazione di Slow Food?
«Credo che quello che è stato costruito sinora sia positivo: la presenza sul territorio è fondamentale e spesso siamo l’unica realtà aggregante su temi di grande civiltà. L’altro vantaggio, ovviamente, è costituito dalla presenza di Carlo Petrini che fa la differenza in Italia e all’estero».

Come valutare la trasmissione di Report sulla pizza napoletana, protagonista del Salone del Gusto?
«La puntata non è tutta da criticare anche se ha diviso molto. Sicuramente molte cose non vanno ed è stato giusto metterle in risalto, ma è anche vero che non si può nascondere quello che c’è di buono».

Come valuta il racconto del cibo in tv?
«In generale, non molto bene. Più che informare, si tende a spettacolarizzare e spesso si trattano tempi importanti con superficialità».

Agricoltura, di cosa ci dobbiamo preoccupare?
«In primo luogo della burocrazia. Con questa esasperazione sulle norme igieniche-sanitarie l’Unione Europea affronta in maniera asettica la realtà mettendo sullo stesso piano grandi aziende industriali e piccoli trasformatori».

Quali le conseguenze?
«L’abbandono dei campi e il mancato ricambio di chi lavora la terra. Valuto positivamente Campi Libero sostenuto dal ministro Martina che sinora ha operato bene. Il fatto è che le leggi buone non bastano quando poi non trovano i giusti meccanismi per essere applicate e si perdono nei meandri burocratici. Penso alla legge del pagamento a 60 giorni, per esempio».

Il rischio dell’abbandono è globale?
«Direi proprio di si. Se la politica non prende atto della diversità non si va da nessuna parte: i 90 litri di latte prodotti in pianura diventano 40 sull’Appennino, tanto per dirne una, bisogna difendere quel reddito».

Ma il cibo di qualità è per pochi eletti?
«Un tempo è stato sicuramente così. Oggi credo sia un problema di cultura, basti pensare che tra una pizza con buoni ingredienti e una di pessima qualità c’è meno di un euro di differenza. Il problema è che nella produzione del cibo non possono prevale solo le logiche del massimo profitto, così non si va da nessuna parte. Un ruolo fondamentale di difesa delle buone pratiche è svolto proprio dai ristoratori e dai pizzaioli di qualità che stanno tutelando i bravi contadini e i bravi artigiani».

Quali numeri prevedete per il Salone?
«Sui laboratori abbiamo superato quelli della scora edizione. E se ci teniamo in media, speriamo di passare da 220mila visitatori dello scorso anno ad almeno i 250mila».