In ricordo del grandissimo Diego Planeta. La figlia Francesca: è stato un visionario e noi continueremo la sua opera. La joint venture con la famiglia francese Oddo


Vini Planeta

Diego Planeta

Diego Planeta

di Nino Aiello*

Messo piede in Sicilia oltre cinque secoli or sono, dalla Spagna, la famiglia Planeta è adesso alla diciassettesima generazione. A metà del Novecento rileva nel campo vitivinicolo l’attività pionieristica e lungimirante di Vito Planeta, che fonda nel 1958, a Menfi, la Cantina Sociale Settesoli, di cui sarà presidente sino al 1972, quando gli subentrerà per 38 anni consecutivi – eletto dai soci – il figlio Diego, quinto dei sette figli (innovatore e fuori dagli schemi, Cavaliere del Lavoro, Accademico dei Georgofili e laurea honoris causa in Scienze e Tecnologie Agrarie a Palermo).
I tratti distintivi che segneranno le loro presidenze saranno comuni: il forte senso sociale, la profonda sensibilità umana, l’originale spirito modernista, la tendenza a generare cambiamento. La casa vinicola di famiglia, che tutti i wine-lover del mondo conoscono, nasce su input di Diego a metà degli anni Ottanta, sempre a Menfi, nella tenuta dell’Ulmo, realtà che si specchia nel lago Arancio ed è contornata da fitti boschi. Il baglio cinquecentesco sarà il primo quartier generale, con attigua la prima cantina. L’idea di fondo è semplice e concreta: la nuova realtà apparterrà alla famiglia intera. Meglio, alla generazione successiva alla sua. La gestione, a coerenza, sarà in mano, intanto, a quelli già in grado di farlo (che lo vogliano fare), gli altri percepiranno, in ogni caso, ciò che gli spetta. Il primo enologo sarà un vero fuoriclasse, Carlo Corino, gentiluomo piemontese con lunga esperienza in Australia e nei climi caldi. Il guanto di sfida, quasi da brivido, è lanciato: verrà prodotto uno Chardonnay fermentato in barrique che competerà con gli omologhi francesi e del Nuovo Mondo.

Arrivano poche bottiglie sul mercato e ai giornalisti di settore – quasi un ballon d’essai – ma fanno furore le annate ’93, ‘94, ’95 e ‘96. Sono molto apprezzate, la critica americana se ne impadronisce e le lancia, decretandone il successo mondiale. In Italia, l’annata ’96 dello Chardonnay conquista gli allora mitici Tre Bicchieri del Gambero Rosso e sfonda divenendo un vino cult. A suggello di quello che è un autentico fenomeno mediatico e di imprenditoria d’avanguardia arriva nel 1998 il premio, sempre del Gambero Rosso, di “Cantina dell’anno”, con una splendida foto di copertina sul mensile che immortala il “dream team” al timone: Alessio, Francesca e Santi Planeta. La nuova casa vinicola sarà fra i massimi protagonisti della renaissance enologica siciliana. Oggi che Diego Planeta, scomparso nel settembre 2020,  non è più fra noi, è sua figlia Francesca a esprimere, in questa intervista, il pensiero e il sentire dell’intero gruppo familiare, oggi più coeso e determinato che mai. Per comprendere – da un osservatorio necessariamente privilegiato – quali siano le linee di sviluppo, il futuro, del vino siciliano e come in questo contesto si collochi la dinamica realtà di famiglia, irrinunciabile punto di riferimento per tanti.

Francesca e Alessio Planeta

Francesca e Alessio Planeta

In principio eravate solo in tre sul front line. Immagino che la forte crescita, da 45 ettari vitati a oltre 400, l’arrivo di Planeta in altre aree della Sicilia, il successo mondiale, abbiano richiesto la messa in campo di altre energie.
Il fulcro di tutte le nostre iniziative, la risorsa principale, è stata, è e sarà la famiglia, sia nel campo vitivinicolo che negli altri settori in cui operiamo. La Sicilia del vino, nel corso degli ultimi decenni, ha preso il volo, è diventata un brand mondiale e noi facciamo la nostra parte. Del resto, il capitale umano in casa non manca, solo mio padre aveva sei fratelli. La new generation è tutta in campo, alcuni in ruoli visibili, altri sono più defilati, ma c’è spazio per tutti. Qualche esempio: fra i cugini, Marcello Arici segue la logistica e la produzione, Vito i progetti culturali ed editoriali, Chiara è molto impegnata nell’ hospitality.

Andiamo ai punti cruciali, quelli che riguardano strettamente il vino.
Abbiamo le idee chiare: migliorare sempre più i prodotti, pervenire a maggiore qualità e precisione di ogni nostra etichetta. In una logica di sostenibilità e di responsabilità sociale – processi infiniti – pure aderendo con entusiasmo al grande progetto Sostain. Poi c’è una grande novità da implementare, la joint venture transnazionale con la famiglia francese Oddo. Si tratta di una nuova esaltante sfida, il progetto “Serra Ferdinandea”, cento ettari, 40 vitati (al momento solo 10), con 60 di boschi e macchia mediterranea, fra Sciacca e Sambuca di Sicilia. Un’idea ambiziosa, di altissimo livello, territoriale e internazionale a un tempo, guidata da Lorraine Oddo e Alessio Planeta, con la collaborazione tecnica di Florent Dumeau, grande enologo bordolese. Le uve coltivate? Due sicule, Nero d’Avola e Grillo e due francesi, Syrah e Sauvignon Blanc. Le prime bottiglie saranno pronte fra qualche mese. La distribuzione sarà curata – singolare novità – da Diva un prestigioso negociant di Bordeaux.

Cultura e ospitalità sono nel dna Planeta.
Direi che l’ospitalità è preceduta dalla cultura. Favoriamo da sempre le attività culturali, anzi ne siamo produttori. Dal 2004 ospitiamo pittori, fotografi e scrittori, italiani e stranieri, girano liberi e senza indicazioni fra i nostri siti di Menfi, Vittoria, Noto, Etna e Capo Milazzo, per catturare emozioni, impressioni e sentimenti, che trasfe- riranno nei rispettivi elaborati. Organizziamo successivamente delle grandi mostre scegliendo sempre qualcosa per la collezione di famiglia. Promuoviamo i territori anche con manifesta- zioni quali Sciaranuova Festival, sull’Etna e Santa Cecilia in Musica, fra le vigne di Noto.

Quanto è importante accogliere e ospitare?

Moltissimo, e non solo per ragioni economiche. La Sicilia, con le sue bellezze paesaggistiche, architettoniche e culturali, è meta privilegiata, a livello mondiale, di questo turismo attento e consapevole, che definirei ispirato da spiccata curio- sità culturale. Preciso, intanto, che hospitality da noi comprende due segmenti principali. Il primo è quello delle degustazioni-escursioni-visite, per wine-lover e appassionati, nei nostri siti produttivi, in campagna e in cantina; l’altro attiene alla permanenza in senso stretto a casa Planeta, al soggiorno, alla permanenza. Per questa attività abbiamo a disposizione “La Foresteria” di Menfi, in piena campagna, 14 stanze confortevoli e curate, con piscina, solarium e un ristorante aperto a tutti, dove gustare i piatti della nostra tradizione familiare e pietanze più innovative, elaborate dal bravo cuoco Angelo Pumilia.

A Palermo, a piazza Ignazio Florio, mettiamo a disposizione 7 suite comode e rilassanti, nel nostro storico palazzo di famiglia, per una sosta tranquil la alla scoperta delle rutilanti bellezze della capitale dell’Isola. Dicevo dell’importanza di entrambe le due opzioni: ci permettono di fare conoscere  a tante persone lo spirito che anima da sempre la famiglia Planeta, attraverso i percorsi fra le vigne, le degustazioni di vini in cantina, lo stile di accoglienza, la storia di cui siamo espressione, la cucina, il nostro approccio delicato e rispettoso. In due parole, di fare un viaggio nel tempo e nello spazio attraverso la Sicilia dei territori e della bel- lezza, esaltandone i valori autentici. Guardando – come diceva mio padre Diego- sempre avanti con coraggio e vigorosa tensione morale.

Articolo pubblicato su City Palermo Rivista su gentile concessione dell’autore.