Marianna Vitale lascia Quarto e porta Sud a Chiaia?


Marianna Vitale

Marianna Vitale

Marianna Vitale nel cuore di Napoli? Beh qualunque caporedattore vecchio stampo avrebbe bocciato un titolo con un punto interrogativo. Ma noi lo lasciamo perché siamo in Italia, siamo a Napoli, dove la burocrazia non è al servizio dell’impresa e dei cittadini, ma li ostacola.
Ma” ‘o fatto ce sta”, sempre come si diceva un tempo.
Sono mesi, infatti, che si parla di un trasferimento della brava cuoca di Quarto, 16 sulla Guida Espresso e Stella Michelin, nel centro di Napoli. Le proposte non sono mancate.
L’ultima è un po’ concreta perché c’è una scrittura privata fra le parti in attesa di essere contrattualizzata. Si tratterebbe di trasferirsi in un B&B di lusso con Spa nel cuore di Chiaia,a via Belledonne, il cui cantiere però è rallentato.
La scugnizza è di Napoli e l’ambizione di  trasferirsi è comprensibile, per crescere e lavorare meglio. Magari anche per trovare altri stimoli. L’alta ristorazione, poi, in città langue: a parte l’Hotel Romeo e Palazzo Petrucci, a parte il triangolo del crudo (Terrazza Calabritto, Coco Loco, Crudo re) la base della ristorazione è costituita ancora dalla sessantina di trattorie a conduzione familiare oltre che dalle pizzerie, qualche hamburgheria e una serie di locali ibridi nei quali, come in un’orgia, si trova tutto per tutti i gusti.
Siamo ben lontani dal numero di cucine d’autore offerta da Roma e da Milano e dalla stessa Firenze ormai. Insomma, un disastro gastronomico.
Da un lato dunque l’ingresso in città di una bella cucina frizzante come quella di Marianna Vitale a Chiaia  sarebbe auspicabile, dall’altro a noi, parere personale, fa molto più moderna vederla dove è ora.
Al momento i lavori sono però bloccati dai soliti ricorsi al Tar. “Di fatto – ci spiega Pino Esposito – c’è la volontà di trasferirci e l’intesa a farlo. Spero che al più presto si creino le condizioni per realizzare questo obiettivo”.
C’è anche l’idea di realizzare qualcosa di più easy nei locali di Palazzo Petrucci con il Pastificio Di Martino a piazza San Domenico rilevati da Aurelio de Laurentis. Ma qui, davvero, non c’è nulla di concreto se non uno scambio di battute.

 

5 Commenti

  1. Si può essere grandi restando in provincia.
    Si può essere grandi restando piccoli.
    Si può essere grandi con soli 12 tavoli.
    Si può essere unici ed ineguagliabili ovunque e comunque.
    Almeno a leggere la cronaca di questa settimana.
    Oppure no.
    (non so quanto gli giovi alla giovane Vitale questa ‘sciuta)

  2. Diciamo anche no. Come diceva il mio professore di economia internazionale: la piccola e media impresa “adda ‘morì”. Vedo in questo maniacale sistema di voler restare piccoli una delle maggiori remore a fare impresa (quella in grande). Dove per me impresa in grande non significa industrializzarsi e fare schifezze. Significa affrontare nuovi mercati, dare più lavoro, creare nuove opportunità. Amo immaginare Marianna in un degno posto di Napoli perché immagino che solo così lei potrà crearsi una nuova storia, avere più turisti (non solo napoletani) che possano godere dei suoi piatti. e poi mi immagino Marianna a Roma, a Milano a Dubai ed anche a Shangai. Pensa un po’…..
    Il famoso detto “piccolo è bello”, è proprio brutto e soprattutto costituisce una dei motivi della nostra piccolezza in campo economico (non solo nella gastronomia).
    Forse mi sono allargato.
    Tanti auguri chef.. un bacio

  3. Significa letteralmente : risparmiate sull’acqua, bevete vino ovvero non sprecate acqua bevete vino

  4. Sono d’accordo in pieno con il Sig. Felaco, non c’è assolutamente bisogno di “ingrassare” per essere grandi professionalmente. La grande cucina italiana nasce nella provincia, dalla cultura contadina, dalla cucina familiare delle nonne e dei monzù e con questo tipo di cucina si possono fare solo piccoli numeri oppure in alternativa se vuoi fare GRANDE IMRESA come chef puoi fare sempre la pubblicità per le patatine San Carlo o chiedendoti cosa ci fai in un cesso della Scavolini!

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