Spaghetti alla puttanesca, la variante confit


Pasta con pomodorini infornati

di Bruno Macrì

La “puttanesca” è uno dei sughi italiani più conosciuti ed apprezzati per condire la pasta. Il nome pare che sia stato coniato ad Ischia intorno agli anni '50 del secolo scorso, quando l'isola verde, ancora sospesa tra tradizione e mondanità, viveva il suo periodo più bello.

Jeanne Carole Francesconi ne “La Cucina Napoletana”, caposaldo della letteratura gastronomica partenopea, spiega come il nome di questo sugo fu cambiato dal pittore Eduardo Colucci, napoletano di nascita ma ischitano d'adozione, da “alla marinara” in “alla puttanesca”. Eduardo, esponente della scuola pittorica napoletana, insieme al fratello Vincenzo si stabilì ad Ischia sul finire degli anni '40 del secolo scorso, e, nella splendida cornice di Villa Rosica ad Ischia in località Punta Molino, formò un cenacolo che accolse artisti, letterati e stelle del cinema. Soggiornò per lunghi periodi Luchino Visconti che qui preparò alcuni lavori teatrali e cinematografici. Frequentatori assidui della villa furono lo scrittore Jean Anouilh, gli attori Anna Magnani, Vittorio Gassman, Eduardo De Filippo e Jean Marais, il pittore Carlo Carrà. Colucci, come ricorda la Francesconi, viveva per gli amici e d'estate abitava in una rustica e minuscola costruzione, ubicata in uno degli angoli più suggestivi dell'isola; la casa si componeva di una camera con cucinino, servizi e un terrazzo in mezzo al quale campeggiava un albero di ulivo. La splendida terrazza affacciata sul mare era teatro di serate memorabili. Colucci, dopo aver offerto come aperitivo un fresco e genuino vino d'Ischia, improvvisava una cenetta a base di vermicelli alla puttanesca, che erano divenuti la sua specialità.

Chi rivendica la paternità del nome è il nipote di Colucci, Sandro Petti, architetto e pigmalione della “dolce vita” ischitana degli anni '50 del secolo scorso. Nel suo “Rangio Fellone” si sono esibiti artisti del calibro di Mina (al tempo Baby Gate), Peppino di Capri, Lucio Battisti ed altri nomi famosi. A raccogliere la testimonianza di Petti è Anna Maria Chiariello, giornalista napoletana ed apprezzato volto televisivo, che nel suo bel libro “Lucio Battisti – Emozioni Ischitane” fa rivivere le emozioni, appunto, di un momento magico per l'isola.
Riporto lo stralcio del libro della Chiarello: “Una sera intorno alle quattro del mattino, eravamo al Rangio e c'erano degli amici veramente affamati – racconta Petti – avevo finito tutto così li avvisai. “Mi dispiace, dissi loro, non ho più nulla in cucina, non posso prepararvi niente”. Ma quelli insistettero dicendo “Dai Sandro, è tardi ed abbiamo fame, dove vuoi che andiamo, facci una puttanata qualsiasi”. Così l'architetto che aveva anche la passione per la cucina oltre che quella per le arti, dopo un po' portò una fumante zuppiera di pasta alla… puttanata. E cioè spaghetti, aglio, olio, pummarolelle, olive, capperi, pieni di prezzemolo. Un successo. La zuppiera tornò pulita in cucina. “Ancora la conservo, la tengo nella mia villa romana, dice Petti, è talmente grande che con cinque chili di spaghetti si copre il fondo”. La ricetta finì nel menù, “la chiamai puttanesca, non era carino puttanata” ma gli valse una bella reprimenda dal vescovo Ernesto De Laurentis a causa di quel termine un po' volgare. (…) “fui io e non mio zio a preparare per la prima volta quel sugo che chiamai poi alla puttanesca”.

Comunque, che sia stato il pittore Colucci o il di lui nipote Sandro Petti a chiamare “alla puttanesca” gli spaghetti con pomodorino, olive e capperi, è certo che il nome è stato dato ad Ischia e, da qui, diffusosi in tutto il mondo.

Ricetta di Bruno Macry

  • Tempo di preparazione 15 minuti
  • Tempo di cottura 30 minuti
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Ingredienti per 4 persone

  • 320 grammi di spaghetti alla chitarra di Gragnano
  • olio
  • 2 spicchi d’aglio
  • 30 grammi di capperi sottosale
  • 80 grammi di olive nere di Gaeta
  • 200 grammi di pomodori “spunzilli”
  • zucchero
  • 2 rametti di timo fresco
  • 250 grammi di tonno sottolio
  • prezzemolo
  • peperoncino forte

Preparazione

Tagliare i pomodorini per il lungo e metterli con il taglio rivolto verso l’alto su una teglia da forno rivestita con la carta forno.
Spolverare con pochissimo zucchero, sale e foglioline di timo. Irrorare con un filino d’olio, e cuocere in forno già caldo per un’ora e mezzo a 100°.
Appena cotti i pomodorini, scaldare l’olio in una padella capiente, unire gli spicchi di aglio schiacciati e lasciarli colorire.
Lontano dal fuoco unire le olive snocciolate, i capperi dissalati e il peperoncino. Riportare sul fuoco per 30 secondi, poi aggiungere i pomodorini appassiti.
Cuocere a fiamma alta per circa 5 minuti.
Unire il tonno sgocciolato dall’olio, evitando di frantumarlo troppo.
Scolare la pasta al dente, trasferirla ancora grondante della acqua di cottura nella padella col sugo, mantecare con prezzemolo fresco.
Servire.

Vini abbinati: Nero di Troia

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