Tommaso Luongo, neo presidente Ais Campania: saremo un’associazione al passo con le sfide del futuro, a cominciare dal linguaggio


Tommaso Luongo, neo presidente Ais Campania

di Luciano Pignataro

E’ il fiduciario della seconda regione italiana per numero di abitanti anche se piccola per quanto riguarda la produzione di vino. Piccola per la produzione ma non certo per la vendita visti il numero degli stellati, il turismo in Penisola Sorrentina, Capri, Paestum, Pompei, Ischia, Costiera Amalfitana. Per non parlare del fenomeno vino in pizzeria che sta dilagando e che ancora pochi produttori hanno capito.
Tommaso Luongo succede a Nicoletta Gargiulo, eletta al Nazionale, come presidente Ais Campania. Un ruolo importante che premia un impegno a tutto tondo portato avanti come fiduciario di Napoli e responsabile regionale della guida Vitae. In questi anni Ais Campania si è rafforzata come presenza giocando un ruolo decisivo nella comunicazione e nella promozione della cultura del vino. L’affidabilità dei servizi è assoluta, sia come impegno in eventi mondani che in quelli specializzati. E questo vale per tutte e cinque le province campane, senza sbavature.
Il rinnovamento nella continuità. Sembra uno slogan del vecchio Pci ma è esattamente quello che è avvenuto nell’Ais Campania in queste elezioni, confortate da un elevato numero di votanti, circa duemila con candidati unici, senza liste. Per un vecchio seguace del centralismo democratico come me è la prova che questo sistema è sempre più efficace nel portare avanti la vita associativa anche se presuppone un gruppo dirigente compatto che sappia giocare di squadra e di ruoli. Non male in un’epoca segnata dall’uno vale uno e dal pronome io al posto del noi. Lista unica, dunque, gruppo dirigente compatto, le lacerazioni di un tempo sono solo un ricordo, ormai relegato negli archivi della memoria dei più anziani.
Tommaso Luongo nel suo lungo regno durato 15 anni a Napoli è stato molto attento all’innovazione (tra le prime delegazioni, forse la prima, a dotarsi di un blog oltre che del sito), aperto a tutte le collaborazione senza chiudere la porta in faccia a nessuno e senza mai cadere nell’ideologismo che appesta il mondo del vino in una replica caricaturale degli anni ’70

 

Tommaso Luongo, napoletano doc, classe…
Preferisco millesimo… comunque 1969. Un’annata ancora con i piedi nei favolosi anni ’60, una “magra” consolazione anagrafica.

Come nasce la tua passione per il vino, quali i primi ricordi?
Mio padre, uno dei primi sommelier amatoriali, allora si chiamavano ancora così, mi ha lasciato in eredità questa passione. I miei primi sorsi sono stati dolci, a conferma di un palato ancora imberbe che veniva gratificato dalle morbidezze: spumante dolce di Aglianico del Vulture e Zibbibo di Pantelleria che arrivava a casa mia per corrispondenza. Il ricordo di una cantina che custodiva etichette storiche di bottiglie che sbirciavo con religiosa ammirazione è stato la scintilla definitiva che ha acceso il sacro fuoco.

Cosa significa per te l’Associazione Italiana Sommelier?
Inizialmente fu un modo per riallacciare una connessione affettiva con il ricordo di mio padre, poi è stata una cavalcata di passione, stimolata da inesauribile curiosità e sostenuta da tanti sacrifici personali. Ho sottratto molto tempo alla mia famiglia e devo ammettere che senza il suo sostegno probabilmente non sarei qui.

Quando e come hai aderito all’Ais e quale è stato il tuo percorso?
A mia insaputa i colleghi di mio padre, scomparso nel 1985, mi iscrissero all’Ais nel lontano 1988. Scorrere l’annuario dell’epoca e vedere il mio nome di adolescente vicino a quelli di professionisti del calibro di Alfonso e Livia Iaccarino mi fa ancora un certo effetto. Dopo diversi anni il corso, poi il Master Class in Analisi Sensoriale e naturalmente l’iter per diventare degustatore ufficiale e relatore. Sono molto legato al mio incarico di referente Campania della Guida Vitae e all’esperienza di Giudice Internazionale del Concours Mondial du Bruxelles. Ogni passo compiuto nella convinzione socratica di sapere di non sapere.

Cosa significa dirigere un’associazione come l’Ais?
Grande responsabilità, orgoglio e senso di appartenenza; e la consapevolezza di essere a capo di una comunità trasversale di sommelier in cui convivono anime differenti, accomunate dall’amore per il nettare di Bacco. E poi, sapere di essere in servizio permanente ed effettivo per la Campania, tanto all’interno del nostro territorio quanto al di fuori dei confini regionali: onori e oneri, allo stesso tempo.

Della tua direzione a Napoli cosa ti ha gratificato di più e cosa non rifaresti?
Ricevere il riconoscimento del Premio Surgiva come Delegazione più innovativa d’Italia è un momento che ho impresso nella mia mente e nel mio cuore. Si dice che sia meglio avere rimorsi che rimpianti: tutto sommato però, tranne qualche incidente di percorso che considero fisiologico dopo quindici anni da delegato Ais, il mio bilancio è estremamente positivo.

Quali sono i tuoi obiettivi da presidente della Campania?
Lavorerò per rafforzare la leadership della nostra Associazione investendo su formazione, cultura, divulgazione enogastronomica e innovazione tecnologica. La grande famiglia Ais ha bisogno di costante aggiornamento professionale, contenuti didattici, eventi e convivialità, proprio per gratificare la sua eterogenea platea associativa e stimolare il processo partecipativo. Strategico sarà avviare e perseguire forme di intesa con consorzi di tutela, istituzioni scolastiche e accademiche per realizzare progetti di sinergica collaborazione.

 

Quanto contano i gusti personali e quanto la necessità di mantenere un equilibrio nella gestione di una associazione o nella redazione di una guida?
Lo scienziato francese Emile Peynaud, a proposito della degustazione tecnica, parlava di come fosse un paradosso, nel senso di un procedimento oggettivo, che si serve e lavora con mezzi soggettivi. L’equilibrio è quindi un valore fondamentale e irrinunciabile, un obbiettivo a cui si deve tendere sempre e comunque; che diventa prioritario in funzione di un risultato che deve premiare il valore reale senza che il gusto personale possa prevalere.
È inutile ribadire quanto sia altrettanto fondamentale l’equilibrio per guidare una Associazione come la nostra: una stella polare che deve orientare la nostra attività quotidiana.

Oltre al vino, i tuoi interessi hanno spaziato anche in altri campi. Ma nell’olio mi sembra mai. Perché?
Luciano ti devo contraddire… sono (anche) un assaggiatore di olio e questo percorso formativo ha cambiato radicalmente le mie abitudini di consumo. Riconoscere, ahimè, il rancido ti mette nella condizione di dover evitare gran parte dell’olio extra vergine in commercio, ma siamo fortunati ad avere in Campania produttori di sicuro affidamento. Però mi hai dato una buona idea… un prossimo progetto potrebbe essere proprio l’attivazione di un corso di sommelier dell’olio. L’Ais ha di fatto imposto un linguaggio nella descrizione dei vini che viene preso in giro, ma alla fine nessuno ha creato qualcosa di altrettanto efficace, o quanto meno comune.

Secondo te è ancora attuale?
È in atto una riflessione a livello nazionale sull’attualità di questo linguaggio che sta coinvolgendo tanti protagonisti della comunicazione professionale. C’è bisogno di sobrietà e di un approccio sempre più scientifico e multidisciplinare, pur nella divisione dei ruoli con gli altri attori del mondo del vino. Sono convinto che lo stile Ais da questa riflessione ne uscirà con maggiore consapevolezza, pronto ad affrontare le nuove sfide che il prossimo futuro riserverà alla nostra Associazione.

Come i social hanno cambiato la comunicazione del vino?
Hanno indubbiamente contribuito a innovare la comunicazione senza però eliminare, anzi in qualche caso amplificando, un cortocircuito autoreferenziale che si alimenta di copia e incolla. La differenza sarà sempre nella capacità di trasferire contenuti di qualità, frutto di studio e di approfondimenti dedicati. Bisogna continuare a “camminare le vigne”, magari con più precisione, insomma più Google Maps e meno Wikipedia.

Cosa deve fare l’Ais per stare al passo con i tempi nel mondo della comunicazione?
Seguire e ascoltare i suoi soci, che sono un inesauribile serbatoio di idee e stimoli per migliorare i contenuti e l’efficacia della comunicazione.

Il vino oggi: è cambiato il modo di bere? Cosa vedi come nuova tendenza fra i giovani?
In questa fase non vedo un cambiamento realmente “dominante”, ma la simultanea presenza di sensibilità differenti che rendono più vivace e interessante il modo di bere. E questo è un bene per tutto il comparto.
C’è una generale attenzione per tematiche inerenti all’identità territoriale e alla sua sostenibilità ambientale, ma bisogna stare attenti alle etichette che con troppa facilità e superficialità si finisce per affibbiare.

Il vino naturale è una moda o una tendenza secondo te?
Negli anni ho sviluppato per questo fenomeno, dopo un iniziale innamoramento avvenuto in tempi non sospetti, un approccio decisamente più laico. Preferisco affidarmi a quello che si percepisce nel bicchiere lasciando ad altri ambiti le diatribe filosofiche che si stanno scatenando in questo settore.

Cosa è, per te, un vino classico?
Un vino che riesce a realizzare compiutamente la simbiosi tra territorio e caratteristiche varietali del vitigno di provenienza.