Vino e critica internazionale dopo Parker 13| Asa Johansson (Svezia)


Asa Johansson - Party at Kunsthal, Rotterdam

Asa Johansson – Party at Kunsthal, Rotterdam

di Chiara Giorleo

Come sta evolvendo la comunicazione in Italia e all’estero? Come l’offerta formativa, oggi molto più ampia, può influire e sta influendo sul trend della comunicazione del vino, sempre più sofisticata e ancor più necessaria. Continua la serie di interviste ai critici del vino in Italia e all’estero.

Oggi lo chiediamo ad Asa Johansson.

Asa Johansson, 40 anni, vive in Italia dal 2001, madre di due figli. Collabora con diversi quotidiani e riviste di vino e viaggi in Svezia e Norvegia come: Allt Om Vin, Apèritif, Svenska Dagbladet, RES, Dagens Nyheter e BKWine Magazine. È stata invitata come giudice in diversi concorsi e organizza viaggi enogastronomici in tutta Italia visitando centinaia di cantine ogni anno

Come sei “inciampata” nel mondo del vino?

Vivo in Italia dal 2001 e mi sono laureata in Media e Giornalismo all’università di Firenze. Sono abbastanza testarda e sono riuscita a laurearmi anche se mi ero resa la vita difficile visto che non sono di madrelingua italiana. Durante l’estate per guadagnare qualche soldo trovai lavoro in un’enoteca. Ho avuto la fortuna di collaborare con una ragazza americana molto brava che si chiama Elisa Weber, sommelier, che poi ha lavorato da Enoteca Pinchiorri. Grazie a lei la mia curiosità aumentava sempre di più e così ho deciso di fare un corso da sommelier. Dopo la laurea tutto è successo molto in fretta. Un giorno ho inviato un’email presentandomi a Britt e Per Karlsson, proprietari del tour operator BKWine, nonché scrittori di libri e giornalisti di vino. In quel momento si stavano aprendo al mercato italiano e abbiamo iniziato a collaborare. Insieme abbiamo sviluppato il mercato dei wine tour in tutta Italia. In questo modo ho potuto toccare con mano le regioni vinicole italiane, viaggiando negli ultimi dieci anni quasi tre mesi all’anno in giro per l’Italia. A Per e Britt devo tantissimo, hanno creduto in me fin dall’inizio. Pensa che la nostra collaborazione ha avuto inizio quando ero incinta del mio primo figlio. Nel frattempo ho anche cercato di continuare a studiare, cosi ho raggiunto il terzo livello di WSET e in autunno inizierò il percorso per ottenere il Diploma.

Il lavoro come giornalista è stato graduale, ho dovuto bussare a tantissime porte prima di iniziare a collaborare con i quotidiani e le riviste di settore con cui lavoro oggi. Ho smesso di contare quante porte ho preso in faccia all’inizio ma ne è valsa la pena. Adoro il lavoro che faccio.

Come credi sia evoluta la critica negli ultimi 30 anni? E da chi hai imparato di più?

Credo che siano successe tantissime cose, esattamente come è accaduto nel mondo del vino italiano. Dalla carta stampata, ai blog, agli influencer. Da Veronelli a Jancis Robinson. Dal Chianti nel fiasco fino all’attualità in cui si parla di sottozone del Chianti Classico. Dai vini siciliani prodotti per migliorare i vini del nord al successo dei vini dell’Etna. Quante cose sono cambiate in poco tempo in Italia e quante cose da raccontare.

In Svezia c’è stato un boom negli ultimi anni, di blog e riviste, specialmente on line. Non molto tempo fa il vino era un prodotto consumato dall’élite, oggi in Svezia il vino è diventato nazionalpopolare.

Penso sempre che sia un po’ contraddittorio il fatto che la popolazione svedese si interessi e studi il vino sempre di più, vista la nostra storia complicata con l’alcool e visto che abbiamo ancora il Monopolio di Stato. L’organizzazione che si occupa di divulgazione di informazione sul vino in Svezia, Munskänkarna (so che è impossibile da pronunciare!), ha ormai 27 mila membri che si incontrano regolarmente per imparare di più sui vini.

Ho imparato, e continuo ad imparare da tantissime persone. Per e Britt Karlsson in primis, ma anche da tantissimi altri. Jancis Robinson è un mito, e mi piace molto come lavorano le giornaliste per Decanter; Michaela Morris e Susan Hulme MW. Sono tra l’altro anche molto umili e disponibili.

Pensi che in Italia ci sia un deficit nella comunicazione dei prodotti enoici rispetto alle potenzialità delle risorse?

L’Italia fa tantissime cose molto bene anche se qualche volta penso che non dovrebbe avere paura di avere una visione più ampia, più globale. In un mercato internazionale sempre più competitivo credo sia fondamentale fare sistema e comunicare insieme al vino ciò che amiamo dell’Italia: la cultura, il cibo, il territorio, la moda e il life style. Il brand Italia è fortissimo se si fa sistema e si riesce ad evitare di pensare in modo individualistico.

Per quanto riguarda la Svezia l’Italia ha quasi un terzo del mercato all’interno del monopolio di Stato. Basta citare l’Italia per far illuminare gli occhi degli svedesi. Ancora oggi sono i vini rossi italiani strutturati ad andare bene e il bag-in-box va fortissimo. Ma pian piano vedo una tendenza di cambiamento a favore di zone meno conosciute e vini di qualità. Specialmente nelle grandi città l´offerta è variegata e molto interessante. Credo che i vini bianchi italiani abbiano ancora molto spazio di miglioramento sul mercato svedese.

Per la Svezia continuerà ad essere importante l’ambiente: quindi c’è grande attenzione per i vini biologici, biodinamici e naturali. Anche se spesso c’è una grande confusione su cosa questi concetti realmente vogliano dire. Gli svedesi sono anche molto attenti al packaging come bottiglie non troppo pesanti ecc. So anche che i monopoli scandinavi si stanno interessando a certificazioni tipo Equalitas che include, oltre al rispetto per l’ambiente, anche un aspetto sociale ed etico nel modo di lavorare.

È noto che sia molto migliorata l’offerta formativa a disposizione di coloro che vogliono formarsi sulla tecnica di degustazione, la sommellerie, la geografia del vino e tutto il resto. Come credi che questo stia incidendo e inciderà sul presente e sul futuro – nemmeno troppo remoto – della comunicazione del vino?

Chi sa di più richiederà di più da chi informa, scrive, vende e serve. Più cultura ci sarà più emergerà la qualità che già esiste. A dispetto di chi ci gioca sopra.

Quali sono i presupposti per l’indipendenza della critica enologica?

Dovrebbe essere l’indipendenza economica ma sappiamo tutti che non funziona più cosi, almeno non nella maggior parte dei casi, e che tutto il mondo giornalistico è in grande trasformazione. Quindi per rispondere alla tua domanda: l’etica personale.

Chi vedi nel futuro della critica enologica?

Vedo chi saprà usare le nuove tecnologie e canali diversi per comunicare in modo intelligente, in modo preparato e spero con sempre più senso ironico. Cosa che spesso manca nel mondo del vino.

Un consiglio per: i giovani che muovono oggi i primi passi lavorativi nel settore enoico, i consumatori più o meno appassionati, i colleghi.

Preferisco ricevere consigli invece che darli. In effetti chiederei tantissime cose, specialmente ai giovani.

Un commento

  1. L’anno scorso ho avuto Asa come compagna nel mio panel di assaggiatori a Radici del Sud e devo dire che ne ho tratto davvero un’ottima impressione. Una ragazza sicuramente brava e preparata, scrupolosa ed attenta e molto partecipe.

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