Donne produttrici: il vino italiano al femminile 9| Miriam Lee Masciarelli


Miriam Lee Masciarelli

Miriam Lee Masciarelli

di Chiara Giorleo

Dopo una lunga serie sulle critiche di vino, il focus si sposta sulla produzione al femminile. Zone di ispirazione, stili produttivi e prospettive: ecco qual è l’approccio delle produttrici italiane. 
Come membro dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino mi rivolgo alle produttrici di diverse regioni d’Italia per saperne di più.
Oggi lo chiediamo a Miriam Lee Masciarelli

Miriam Lee Masciarelli, brand ambassador di Masciarelli Tenute Agricole (Masciarelli Tenute Agricole Il profumo della mia terra, il sapore del mio vino), nasce a Ortona nel 1989.
Figlia di Gianni Masciarelli e Marina Cvetic, Miriam Lee dimostra precocemente un’indole vivace e curiosa iniziando sin da piccola a viaggiare con frequenza e a seguire il padre e il nonno in tutte le attività aziendali.
Dopo la laurea in Economia e Management conseguita all’università Luiss di Roma, Miriam Lee inizia a lavorare a New York prima per una società di importazione vini e, successivamente, per un’agenzia di comunicazione e PR specializzata in Food & Beverage: esperienze formative che vanno ad aggiungersi a quelle maturate nel mondo della ristorazione durante gli anni del liceo.
In seguito all’improvvisa scomparsa del padre Gianni, a soli 18 anni, Miriam subentra al padre nel ruolo di amministratore dell’azienda di famiglia e, durante gli studi a Roma, si appassiona al ruolo di brand
manager. Recentemente ha dato un contributo significativo nel ridefinire lo stile del Montepulciano d’Abruzzo DOC Riserva Villa Gemma, vino iconico di Casa Masciarelli e uno dei rossi italiani più conosciuti, curandone personalmente la produzione a partire dall’annata 2012.
Oggi Miriam Lee lavora a tempo pieno nella società di famiglia come brand ambassador appunto, così come nell’ambito di produzione, marketing e comunicazione.

Quando e come hai iniziato a fare vino?
Ho vissuto nel mondo del vino da quando sono nata, ma all’età di 18 anni ho iniziato a lavorare in
azienda e contemporaneamente studiavo all’università. Finita l’università volevo fare un’esperienza
diversa per capire se il mondo del vino mi appassionasse realmente e, per mettere alla prova me stessa, mi sono trasferita in America e ho iniziato a lavorare. Dopo qualche anno sono tornata in azienda per affiancare mia madre perché avevo capito che era la mia strada e che ero troppo legata alla mia terra.

Quali sono i tuoi riferimenti o le tue zone di ispirazione in Italia e all’estero?
L’Italia in generale è un punto di riferimento per tutto il mondo, i produttori di vino in 30 anni, nella
qualità, nella comunicazione e nel marketing hanno fatto cose mai viste in nessun paese.

Credi che lo stile produttivo possa cambiare tra uomo e donna?
Io faccio differenze solo tra persone capaci e persone non capaci, non trovo nessuna differenza tra i
generi, penso che solo le esperienze ci differenzino.

Qual è la tua firma stilistica?
Cerco sempre di seguire la filosofia aziendale di mio padre e mia madre mettendo ovviamente del mio. Se ho una firma stilistica sono la prima a non saperlo, in ogni caso cerco sempre l’equilibrio nei vini, personalità ed eleganza.

Quali sono le maggiori difficoltà nel fare vino in Italia oggi? E quali i vantaggi?
Le maggiori difficoltà ad oggi sono principalmente il cambiamento climatico e la burocrazia.
Il cambiamento climatico è un fatto, non si possono fare previsioni, si parla di instabilità climatica.
Persino chi ha visto più di 40 vendemmie oggi afferma che, a differenza di qualche anno fa, non si
riesce più a fare previsioni o a capire cosa stia succedendo. Oggi troppo spesso si punta l’attenzione solo alle caratteristiche del vino (naturale, biologico, etc.) ma io vorrei che si parlasse a 360 gradi di quello che ci sta succedendo intorno: perché non si parla di architettura del paesaggio? Perché non si parla di un parco enologico con la sua biodiversità da proteggere e valorizzare? Il vigneto non è isolabile dall’ecosistema in cui vive e le strategie di salvaguardia di quel verde che è il simbolo dell’Abruzzo dovrebbe essere al centro del dibattito politico. Invece, proprio quest’anno abbiamo assistito alla riduzione di 10.000 ettari del parco regionale del Velino: si preferisce continuare a ridurne la superficie piuttosto che investire risorse nella sua valorizzazione. L’Italia è un paese meraviglioso che ha bisogno solo di essere tutelato, non cambiato.
Parlando invece di burocrazia, penso sia sentire comune che andrebbe alleggerita per consentire a persone ed aziende di migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro, facilitando l’economia e valorizzando ancora di più il territorio e il brand Italia. Le capacità imprenditoriali degli italiani sono uniche. Se solo avessimo un sistema governativo e amministrativo più agile, l’Italia sarebbe di nuovo una potenza mondiale.

In che direzione sta andando il vino italiano secondo te?
Le aziende stanno investendo sempre di più nella qualità, ci sono tanti produttori emergenti che cercano di distinguersi con prodotti originali e fortemente territoriali, a fronte di una richiesta sempre più esigente e puntuale da parte dei consumatori. Sicuramente oggi si beve molto meno che in passato ma meglio: i consumatori cercano autenticità, forti valori culturali e gioia di vivere nel vino, non più status symbol.
Inoltre, sempre più realtà oggi collegano la fruizione del vino con esperienze enoturistiche, anche queste all’insegna dell’autenticità, della scoperta del territorio e delle tradizioni locali, e credo che questo approccio risulterà vincente.

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 1| Stefania Vinciguerra

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