Il mondo del vino al femminile: le figure italiane coinvolte nel settore 18| Anna Valli


Anna Valli

Anna Valli

di Chiara Giorleo

I numeri parlano chiaro: le donne rappresentano la maggioranza degli addetti e dei manager nell’ambito marketing e comunicazione (80%), commerciale (51%) e turismo (76%).
Quali sono le figure femminili impegnate nei diversi rami del settore vitivinicolo?
Dopo il successo della serie di interviste alle critiche di vino e parallelamente a quella dedicata alle donne produttrici, scopriamo impostazione, visione e prospettive con le dirette interessate.

Oggi lo chiediamo a Anna Valli

Anna Valli è sommelier professionista con brevetto federale, riconoscimento più alto in Svizzera, dove è stato riconosciuto anche nel contratto collettivo di lavoro. In carica come Presidente dell’Associazione Svizzera Sommelier pofessionisti della Svizzera italiana, fondatrice con altre 3 socie del gruppo Donne&Vino, riservato al pubblico femminile sia professioniste che appassionate di vino. Formatrice ai corsi di avvicinamento alla degustazione del vino.

 

Quando e come ti sei avvicinata al settore del vino?
Mi sono avvicinata al mondo del vino intorno al 2002, grazie a un incontro fortuito con Marna, una sommelier per passione, ottima gastronoma e produttrice di aceto balsamico tradizionale di Modena. Fu lei a informarmi dell’imminente avvio di un corso associativo di primo livello. Ero in un periodo apatico, poco stimolante, e quell’opportunità mi incuriosì a tal punto da iscrivermi senza esitazione.
All’epoca gestivo un piccolo chiosco sul lago, all’interno di un parco comunale: un “baretto da spiaggia”, come lo chiamavo affettuosamente. Pensavo che quel corso potesse essere una piccola stella da aggiungere alla mia attività. In realtà, è stato l’inizio di un viaggio appassionante: da allora non ho più smesso. Ancora oggi continuo a formarmi, perché l’aggiornamento è parte integrante del percorso professionale di un sommelier.

 

Come hai impostato il tuo percorso formativo ed esperienziale?
Ho seguito i tre livelli canonici per ottenere il diploma da sommelier. L’anno successivo, nel 2006, ho completato anche il corso con diploma cantonale, focalizzato in particolare sulla viticoltura svizzera.
Poco dopo, ho iniziato a lavorare presso una catena di grandi magazzini, diffusa in tutta la Svizzera e riconosciuta per l’elevata qualità dei suoi prodotti. Il reparto vini era ben strutturato e rappresentava ampiamente le regioni vitivinicole svizzere, italiane, francesi, spagnole, portoghesi, oltre al cosiddetto Nuovo Mondo.
Quell’esperienza è stata preziosa, anche per la formazione interna che prevedeva incontri e sessioni di degustazione con il responsabile acquisti. È stato un passaggio fondamentale: ho iniziato a occuparmi della consulenza diretta alla clientela, lanciandomi nel mondo della vendita del vino con entusiasmo e curiosità.

 

Qual è il tuo modello di ispirazione, in termini umani, geografici e attitudinali?
Più che un singolo modello, ne ho diversi. Apprezzo le visioni e le filosofie differenti, perché ciascuna arricchisce il mio sguardo sul mondo del vino.
Dal punto di vista umano, ammiro chi possiede una conoscenza profonda ma la condivide con umiltà, senza arroganza. È un dono saper trasmettere il sapere in modo spontaneo, accessibile, mai saccente.
Geograficamente, ogni regione è un universo a sé, con le proprie tradizioni e il proprio patrimonio culturale: per questo, sono sempre curiosa di scoprirne di nuove.
Attitudinalmente, credo molto nell’apertura e nello scambio: si può imparare da tutti, anche dai clienti, che con le loro richieste ci stimolano ad approfondire. E anche dai corsisti: la loro curiosità fresca spesso illumina aspetti che si tende a sottovalutare.

 

Secondo te, il ruolo della donna è adeguatamente riconosciuto nel nostro settore?
Penso che la donna, nonostante incontri ancora difficoltà e ostacoli, sia oggi più che mai pronta ad affrontare le sfide, e lo fa con intelligente determinazione.
Con passione, tenacia e dedizione, dimostra il proprio valore, ottenendo risultati concreti e di successo. Questo vale in ogni ambito, anche nel nostro settore.
La donna riesce a emergere, sempre, e a proseguire con determinazione lungo la propria strada, costruendo credibilità attraverso il lavoro e i risultati.

 

Quali sono, a tuo avviso, i punti di forza e le debolezze del sistema Italia, nella tua professione?
Credo che anche nella mia regione, la Svizzera italiana, si riscontrino dinamiche simili a quelle italiane. Vi sono punti di forza straordinari: un territorio ricco, una cultura del vino radicata e una rete sempre più solida di professioniste e professionisti uniti da progetti comuni, dediti a valorizzare il vino in ogni sua forma.
Le debolezze, a volte, provengono da forze superiori: i cambiamenti climatici, le annate difficili, elementi che la natura ci impone e che dobbiamo imparare a gestire con flessibilità e lungimiranza.
Il sistema reagisce e si evolve, ma occorre continuare a investire nella formazione, nella comunicazione e nella credibilità delle risorse umane.

L’Italia è, senza dubbio, una delle patrie mondiali del vino: possiede una straordinaria biodiversità viticola, un patrimonio storico-culturale unico e una varietà di territori che rende ogni bottiglia un’esperienza a sé. Questi sono i principali punti di forza: la ricchezza del prodotto, l’autenticità, il legame con il territorio e una crescente attenzione alla qualità. Inoltre, il sistema formativo in ambito enologico si è molto strutturato negli ultimi anni, offrendo percorsi sempre più qualificanti per chi vuole intraprendere la professione di sommelier.

Tuttavia, non si può ignorare l’altra faccia della medaglia: il sistema Italia presenta ancora oggi numerose complessità dal punto di vista normativo e burocratico. Le leggi sono spesso frammentarie, differenziate a livello regionale, e i protocolli da seguire per la commercializzazione del vino — in particolare per l’export — risultano talvolta articolati e farraginosi. Questo rappresenta un ostacolo concreto per molte piccole realtà che, pur producendo vini eccellenti, faticano ad affermarsi in un mercato globale sempre più competitivo.

Inoltre, la burocrazia e la lentezza nel rilascio di autorizzazioni, certificazioni e controlli qualità possono rallentare l’efficienza dell’intero sistema. Sarebbe auspicabile una semplificazione delle procedure, accompagnata da un supporto più strutturato per le aziende e per i professionisti che operano nella filiera del vino.

Da sommelier impegnata nella vendita e nella consulenza, percepisco anche una certa difficoltà nel riconoscimento formale del nostro ruolo: manca ancora una piena legittimazione della figura del sommelier come professionista, soprattutto in contesti al di fuori dell’alta ristorazione. Eppure, il nostro lavoro è strategico per la valorizzazione e la narrazione del vino italiano, sia nel mercato interno sia all’estero.

 

Come pensi si evolverà la tua professione nei prossimi ventanni? E quale sarà, secondo te, il ruolo dellintelligenza artificiale?
Ritengo che il fattore umano resterà sempre un valore insostituibile. Il vino è condivisione, racconto, empatia. È un’esperienza sensoriale che si completa nel dialogo, nello scambio.
L’Intelligenza Artificiale ha già assunto un ruolo importante — e spesso, purtroppo, un po’ inflazionato. Si leggono tanti testi anonimi, freddi, privi di personalità e pathos.
La forza dell’essere umano sta proprio lì: nel sentire, nel raccontare, nel vivere un’emozione e trasmetterla. Il progresso va avanti, certo, ma credo fermamente che un utilizzo sensato e consapevole dell’AI, unito a una forte presenza umana, sia la vera chiave per un futuro migliore.
Noi che lavoriamo con i sensi — vista, olfatto, gusto, tatto, udito — abbiamo il compito di preservarli in modo autenctico, vivi ed allenati, ogni giorno, e di raccontare il vino per quello che è: un’emozione che passa per il cuore, e non solo per la mente.

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