Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 16 | Rosanna Ferraro


Rosanna Ferraro

Rosanna Ferraro

di Chiara Giorleo

Crescono il numero e la fama delle donne assaggiatrici di vino. Esiste per davvero un approccio “femminile” alla critica del vino o al suo racconto e, nel caso, come si distingue?
Come membro dell’Associazione italiana nazionale Le Donne del Vino mi rivolgo alle critiche di vino in Italia per saperne di più. 

Oggi lo chiediamo a Rosanna Ferraro

Giornalista, Diplomata Sommelier all’Ais con Franco Ricci, ha lavorato al Gambero Rosso per oltre 10 anni come degustatrice per la Guida ai Vini d’Italia, giornalista, autore e regista dei servizi televisivi per il Gambero Rosso Channel, responsabile del Wine bar della Città del Gusto a Roma, autore di libri su vino, cucina, turismo.

Nel 2003 lascia il Gambero Rosso per andare a Erbusco presso il Consorzio Franciacorta per sviluppare un progetto triennale di rilancio del brand Franciacorta.

Nel 2006 una nuova sfida, rientra a Roma e fonda Vinotype, un’agenzia di comunicazione specializzata per le Aziende vitivinicole.

Appassionata di gastronomia, viaggi e arte, oltre che di vino, sviluppa le sue esperienze passate e le curiosità future sotto il marchio Vinotype.

 

Quando e come nasce il tuo amore per il vino?

Avevo forse tre anni quando svuotai il mio primo bicchiere di vino, approfittando della distrazione di mia mamma, uscendone allegrotta ma indenne. A 15 anni organizzavo spedizioni notturne insieme ai miei cugini, durante le vacanze, per rubare i vini della cantina del patriarca della mia famiglia in zona Terre di Lavoro, quelli messi a riposare sotto la sabbia. Sono cresciuta mangiando bene e bevendo meglio, e non è stato un caso che mi circondassi di amici gourmet. Il lavoro mi ha portato a Parigi. Lì ho avuto la conferma che la cultura non si improvvisa: tornata a Roma mi sono iscritta ai corsi Ais con Franco Ricci ed è divampata la passione. Assaggiare quanto più potevo per conoscere era diventato imperativo. Ho lasciato la casa editrice presso la quale lavoravo: avevo incontrato Daniele Cernilli, ed entrare al Gambero Rosso è stata una delle esperienze più esaltanti della mia vita. Poi ne sono successe tante, tutte all’impronta di un solo nord: conoscere il mondo del vino in tutte le sue espressioni.

 

A tuo avviso, come e quanto credi sia evoluta la critica del vino negli ultimi 20 anni?

Io penso che stiamo vivendo una involuzione. Almeno per il significato che do alla parola “critica”. Inizialmente, una trentina di anni fa, la critica del vino aveva il compito di selezionare i vini migliori tra migliaia di etichette, per chi non aveva tempo e possibilità di farlo, e indirizzarli quasi a colpo sicuro nella scelta di una bottiglia. Poi, assaggiando e riassaggiando, ciascuno avrebbe affinato il suo gusto. L’intento era quello di fare cultura (almeno la pensavano così i “vecchi” come me). Ora questo ruolo si è svuotato di significato. Giornali e guide sono stati bruciati da migliaia di foto di etichette che vengono esibite in tempo reale sui social, dove vedo spesso più una competizione tra chi assaggia di più e meglio, che non l’intento di fare cultura e allargare il bacino di bevitori consapevoli. Questa non è più critica, è solo ostentazione ed esclusione, con il risultato di allontanare chi non è “del settore”. Anche oggi ci sono molti critici seri e preparati, ma rischiano di soffocare schiacciati da schermate di copia-incolla o foto di etichette, sempre di grandi vini, il più delle volte francesi. Così i nuovi smanettoni non rischiano di sbagliare.

 

Quali sono i tuoi riferimenti?

Sono entrata in questo mondo grazie alla scuola dell’AIS di Franco Ricci e dei suoi collaboratori, sono cresciuta nel Gambero Rosso di Daniele Cernilli e Stefano Bonilli. Poi ho conosciuto tanti professionisti seri, impegnati, appassionati. Tante bellissime persone con le quali mi sembra quasi di essere “in famiglia”. Non potevo chiedere di più e meglio. Sono una privilegiata e ne sono consapevole.

 

Credi che l’approccio alla degustazione cambi tra uomo e donna?

Per carità, no. Proprio no. La differenza non è nell’approccio alla degustazione ma nella storia della donna nel mondo. Ma questo è un discorso che ci porterebbe troppo fuori dal tema. E comunque non sopporto quando si parla di vini femminili, di palati femminili, o il luogo comune, che mi sa tanto di contentino, che le donne sentono meglio i profumi, oppure di quanto sia bello che aumentano le donne a capo di aziende vitivinicole.  Ma ripeto, poi andiamo in tutt’altro campo, quindi mi fermo qui.

 

E come cambia l’approccio ai social e/o al modo in cui il vino si racconta nonché alla formazione di settore?

Anche qui mi eviterei la differenza di genere, piuttosto guarderei a una differenza anagrafica. I “nativi digitali” pensano già in termini social. Chi, come me, è nato un po’ prima, deve fare qualche traduzione. Ma i social sono l’evoluzione della comunicazione. Che mi piaccia o no, e sebbene io ci lavori e non potrei fare diversamente, li guardo con una simpatia misurata. Il loro limite, a mio avviso, è che alla grande capacità di diffusione numerica -i famosi contatti- non corrisponde una informazione approfondita. Insomma, una volta il Bignami era usato da chi non aveva voglia di studiare, oggi con il suo omologo, il canale social, si alimenta la pigrizia intellettuale col rischio di far perdere la consapevolezza che dietro ad ogni argomento c’è un mondo ricco di infinite sfumature. Ma non ci vedo prevalenza di fiocchi rosa o celesti.

E per la formazione non vedo scorciatoie: bisogna studiare sempre e comunque, imparare sul campo, parlare con i produttori, andare a conoscere di persona paesaggi e strutture, assaggiare di tutto. Difficile farlo bene davanti ad uno schermo.

 

Chi vedi nel futuro della critica enologica?

Ci sono tanti professionisti seri e preparati. Il mio elenco sarebbe incompleto e potrei omettere dei nomi validi solo perché non li conosco. Posso solo dire che sono molto contenta quando vedo tanta sana passione nei giovani. Che poi la critica pura possa dare loro da mangiare, di questi tempi, la vedo dura.

 

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 1| Stefania Vinciguerra

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 2| Cristiana Lauro

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 3| Monica Coluccia

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 4| Elena Erlicher

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 5 | Chiara Giannotti

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 6 | Divina Vitale

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 7 | Adele Elisabetta Granieri

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 8 | Laura Di Cosimo

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 9 | Antonella Amodio

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 10 | Valentina Vercelli

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 11 | Giovanna Moldenhauer

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 12 | Barbara Brandoli

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 13 | Laura Franchini

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 14 | Adua Villa

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 15 | Alma Torretta

Un commento

  1. Una grande professionista, Rosanna Ferraro è molto più che Critica e Degustatrice, penso abbia vissuto gli ultimi (quasi) trent’anni del vino e della critica enologica italiana da un punto di vista incredibile e privilegiato, l’ho sempre stimata molto!!!

I commenti sono chiusi.